Nei
primi anni del 1300 fu riedificata in
stile gotico per volontà e munificenza della Famiglia Chiaramonte (
Cfr. G.Bellafiore, Palermo guida della
Città, op.cit.) .
In
quest’epoca possiamo certamente definire l’unicità dell’altare come
in San Cataldo, di forma quadrata, al centro di una piccola abside dotata
di finestra (
S. Spirito, S. Cataldo,
S.
Giovanni degli Eremiti, vedi anche S. Maria dello Spasimo). La
moltiplicazione degli altari si ha verso il 1500,
per la molteplicità dei Benefici ecclesiastici e l’intensificazione del
culto dei Santi dopo il Concilio di Trento (1535-1583): è proprio del
1507 la fondazione di un beneficio semplice all’altare di San Giacomo.
Strutture di culto nuove vengono applicate a fabbriche medioevali (come a
S. Croce a Firenze ad opera del Vasari); secondo lo Zamparrone nel 1539
la Parrocchia fu ampliata dal Senato Palermitano. Fino al 1584
la Chiesa ha la pianta a croce
greca, poiché ancora non esiste il presbiterio.
E’ del 1551 l’Atto presso il
Notaro Pietro Ricca tra i Canonici D. Antonino Riggio , D. Antonino Speciale ed il
Marammiere D. Gaspare Imperatore con D. Antonello Gagini
per la Cona marmorea davanti all’altare maggiore
per la custodia del SS. Sacramento di palmi 28, con
la testa di Dio Padre, la Cena a bassorilievo,
S. Pietro e la sua storia, Cristo, Pietro e Andrea;
S. Paolo e Dio Padre, porticina argentea con sei angeli, archetto con
rosoni; ai lati della Cona quattro Misteri della Passione di Cristo, il
fregio con quattro serafini ed una colomba e sopra la cornice la
Risurrezione di Cristo con un angelo in ginocchio. A destra della scultura
S. Pietro, a sinistra S. Paolo e sopra la cornice S. Antonio di marmo.
Un
Padre Eterno tiene il mondo in mano e con la destra fa la benedizione.
Costò once 235, tarì 25 e grana 12.
Nel 1580
si ha una contrattazione con i proprietari delle botteghe e
della casa ubicate in Piazza della Foglia ( Piazza Caracciolo) per
costruire l’abside. Mastro Giuseppe Gagini lavora l’altare in muratura
ed ai suoi eredi sono pagate 6 once per tre pilastri di pietra di Termini
( ed 1 oncia per quattro altaretti di marmo bianco); Antonio Cracchiola
costruisce lo sportello del ciborio in argento per dodici once. Nel
1584 Nibilio Gagini lavora la custodia d’argento per l’altare ed iniziano i
lavori di costruzione del presbiterio fino alla primavera dell’anno
seguente. Nel 1588 viene realizzato un arco marmoreo nella Tribuna, con due
personaggi
(?) e la stessa viene rivestita di stucco da Mastro Pietro Russo.
Viene smembrata la Cona gaginesca
collocando le statue di San Pietro e Paolo ai fianchi del
Cappellone di stucco ( Cfr. Mongitore, op. cit.) e i tondi
dell’Annunziata, dell’Angelo ed
il Padre Eterno nella strada d’accesso alla Parrocchia. Nibilio
Gagini rifà la custodia in argento, rame, ferro, legno. Nel
1590 viene dorata la Tribuna. I lavori
dell’abside proseguono fino al 1596.
In quest’anno Don Bartolo Failla fodera il Tabernacolo e il Crocifisso
dalla porta del pulpito viene collocato all’altare maggiore., posto su
due gradini in pietra di Billiemi e predella in pietra rossa di
Castellammare, circondato da una balaustra in pietra di Termini (bianca) .
L’abside ha due volte a crociera (vedi quelle delle navate laterali di
San Francesco d’Assisi ). L’altare
maggiore è situato all’inizio del Cappellone e nei suoi fianchi
ha le statue di (?
S. Pietro e Paolo, n. d. A.) e fasce di pietra rossa. Il resto del
cappellone forma il Coro dietro l’altare con sedili bassi, due porticine
d’accesso e 4 finestre aperte nel 1624. Nel 1709
Pietro Marino rifà il Tabernacolo in legno intagliato (con colonnine
all’interno) e cristalli. La porticina è rivestita all’interno da
lamina d’argento con l’Agnello dell’Apocalisse in altorilievo.
Nel 1718
l’Architetto del Senato Andrea Palma disegna la nuova balaustra,eseguita
dallo scultore Gioacchino Vitagliano. Vengono adoperati marmi siciliani
come il Rosso Libeccio (colonnine monolitiche), paragone, bardiglio,
Giallo di Castronovo , verde. Il contratto prevede il rifacimento degli
scalini dell’altare maggiore (e degli altari laterali con le predelle),
con un palmo e mezzo di pedata e la lucidatura.
Nel 1739 lo
scultore Pietro Marino realizza il nuovo Coro, disegnato dall’architetto
Giuseppe Fama; fu pronto la settimana precedente la Settimana Santa. Nello
stesso anno viene rifatto da Mastro Bartolo Tuttisanti l’arco maggiore
di grosse pietre quadrate, con due vele, poiché l’arco vecchio era
pericolante.
Il cappellone viene rivestito con canne, calce e gesso. Nei
quattro angoli vengono posti otto pilastri con capitelli uguali a quelli
della navata. Sopra i capitelli architravi circolari, posti anche sopra i lunettoni; sopra gli architravi quattro pilastri con capitelli d’ordine
composito, conchiglie
e legacci. Sopra la base dei pilastri i 4 Evangelisti a rilievo con
il cartoccio sotto e l’iscrizione; sopra i pilastri uno stipite rotondo
nel mezzo con il mondo, angeli ed una raggiera grande con un ostensorio o
calice nel mezzo. Ai lati due quadroni con qualche puttino sopra, festoni
e cartoccio. In mezzo alle finestre mondi con puttini, angeli, raggi e
colombe. Alla base dell’arco una ghirlanda e festoni sopra l’arco.
Nella chiave dell’arco è una tabella con due puttini (vedi esemplari di
“cartocci ” o cartigli simili in San Giovanni dei Napoletani, Gesù,
S. Maria la Nuova, S. Agostino, San Giorgio la Kemonia, S. Ninfa, S.
Orsola, Oratori del SS. Rosario,
S. Lorenzo, S. Cita, S. Caterina d’Alessandria, Carminello, delle
Dame, SS. Pietro e Paolo ).
Le figure sono rinforzate con fil di ferro. Le opere di stucco sono
di Francesco Alaimo. Due festoni sono uno dentro ed uno sopra l’arco
maggiore. La testa in stucco (serafino) sopra la ghirlanda dell’arco
maggiore è stata realizzata successivamente. (vedi simili decorazioni
nella Chiesa Cattedrale di Palermo). Nel 1757,
per la riforma del cappellone ad opera dei Maestri Nunzio e Paolo Montalto
sono rimossi tutti i sedili
nel fondo del Coro, tolti i sedili bassi
e creato l’ingresso agli stalli laterali nella parte centrale in
linea retta con il sedile del Parroco (un punto superiore a quello del
Celebrante, posto di fronte, senza colonne da porre nell’arco). Agli
angoli del coro sono previsti genuflessori. L’altare e custodia vengono
spiantati e posti nel fondo del cappellone. Il Maestro Francesco Corano
rifà l’altare maggiore e la scalinata con cinque gradini sopra i due
antichi e predella in pietra rossa di Castellammare. Dietro l’altare
viene fatto un corridoietto con gradini per la custodia (apribile
posteriormente) e l’alzata dell’altare per porvi i candelieri. Gaspare
Serenario s’impegna a fare tre quadroni: uno per l’altare maggiore e
due per il cappellone.
Nel 1789 Pietro
Marabitti intaglia 6 candelieri e 4 vasi di legname ( portapalme, n. d. A.
).Antonino Pellegrino dora i suddetti, colora a pietra l’altare
maggiore, inargenta 6 candelieri di 4 palmi ciascuno e 4 vasi; colora in
avorio la fodera dell’altare, indora una cornice di paliotto ed
inargenta il globo di nubi per l’esposizione del SS. mo. Nello stesso
anno l’architetto Carlo Chenchi disegna il nuovo altare alla Romana e
relativo paliotto.Nel 1805 viene ricostruita
l’abside dall’architetto Nicolò Puglia e rimodernata nelle opere di
stucco dai Maestri Antonino Gianserrata , Salvadore Guarneri e Giuseppe
Calattiata. I mastri indoratori Francesco Bevilacqua e Gaetano Di Bella
dorano con oro zecchino ed in parte con mistura d’argento gli intagli di
stucco e la Gloria ( Agnus Dei ). D. Vito Cuppolino, pittore, dipinge la
cupoletta sopra l’altare maggiore e fa quattro figure rappresentanti le
Virtù ed allunga la tela del quadrone dell’altare maggiore e riduce le
due tele laterali. Nel 1815 altro
restauro dell’architetto Nicolò Puglia: Salvadore Guarneri, stuccatore
, stucca nuovamente le cappelle della chiesa, ridorate ed adornate di
marmi. In seguito al terremoto del 5 marzo 1823 la chiesa è seriamente
danneggiata e si rese inagibile; nel 1830 il
Decurionato (Magistrato municipale) stanzia 500 onze per il
restauro. I Parroci Salvatore Gandolfo (eletto nel 1820 ) e Francesco Paolo Vasquez
(eletto nel 1837 ) la fecero risorgere con migliore splendore,
arricchendola di non poche suppellettili ed adorni (Cfr. Gaspare Palermo,
op.cit.).In precedenza lo era stata dai Parroci Vincenzo Dominici (nel
1614 quadri di S. Antonio e S. Carlo) e molto di più da Don Pietro
Galletti ( 1703, Cfr. Mongitore, op.cit.).L’appalto del restauro è
affidato all’architetto Nicolò Ranieri, che cercò di riprodurre
l’originario stile medioevale.
Nel 1860 venne
danneggiata dalle bombe in seguito agli attacchi borbonici ed il Parroco
Andrea Maggio spese once 230,7.1 per i restauri: muratori, falegnami,
stuccatori ( D. Ferdinando Lo Verso) riparano la Chiesa.
Altro restauro
nel 1888 dell’architetto Salvatore
Li Volsi. Vengono rimossi i due stalli di noce, demolita la “carta di
gloria” (cartoccio) nell’arco maggiore, creati 4 piedistalli per le
colonne in pietra dell’Aspra (di cm.0,28 di diametro x 2,45 di altezza);
otto colonne per adornare il cappellone con i capitelli imitanti il
disegno di alcuni capitelli del Chiostro di Monreale.Viene smentita la
tesi del Giuliana Alaimo secondo il quale erano state costruite da Gian
Paolo Falcone nel 1570. Viene costruito il contrarco gotico di mattoni,
costruita una cornice attorno alle cappelle e piloni, 4 lunette a crociera
nelle due cappelle accanto al cappellone, soglio negli angoli delle
cappelle per le 4 colonne; rivestimento delle colonne e di quelle del
cappellone a stucco lucido imitante il granito ed i capitelli imitanti il
marmo bianco; ricollocazione di due medaglioni con l’Angelo, la SS.
Annunziata ed il SS. Salvatore ( Padre Eterno), ricollocazione della
custodia del SS. mo, cornice attorno al quadro di S. Antonio a stucco,
ricollocazione di marmi, demolizione degli altari laterali e costruzione
di due cappelle al centro delle due navate laterali in stile gotico.
Tutt’ attorno alle pareti, come nel Duomo di Monreale e nella Cappella
Palatina, viene realizzata una fascia marmorea, inframezzata da fregi
ornamentali a finto mosaico e con il motivo del fiordaliso nella parte
superiore.
Gli antichi altari
La
Cappella del Santissimo.
E’ del 1588, opera di Giacomo Gagini,
che costruisce l’altare e la balata.
Vi trova posto la Cona marmorea senza il coronamento del Padre Eterno, i
tondi dell’Annunziata,
dell’Angelo e i Santi Pietro e Paolo.
Nel 1603 una balaustra in pietra di Billiemi è collocata davanti
all’altare.
Nel 1739, oltre
l’arco della Cappella, viene posta una tabella marmorea bianca di
quattro palmi, con gli stipiti in marmo giallo di Castronovo e sopra la
tabella un puttino che tiene il laccio e con l’altra mano la stola
parrocchiale lavorata con pietre mischie lucidate, opera di Giovan
Battista Marino e Carlo Ferreri.Nel 1757 Bartolomeo Sanseverino realizza
la Cappella accanto al cappellone di stucco. Nel 1815 Salvatore Di Fede
fodera il paliotto “a marmo granito”. Fino agli anni ’70 era davanti
all’altare un inginocchiatoio ligneo, con funzione di balaustra e due
candelabri lignei. E’ ancora in situ un’antica targa con la scritta “Altare
privilegiatum perpetuum” Sotto la Cona gaginesca è un ciborio
del 1700 circa, con la porticina marmorea e l’interno d’argento. Il
Parroco Renna vi ha collocato
due lampade d’argento del 1700 nel mese di novembre dell’anno 2002.
L’Altare
di S. Antonio Abate.
Nel 1605 si stipula un contratto con
Giovanni di Ruggero e Stefano Fagliarino in Notar Isgrò per “ una
custodia di S. Antonio in legname, di 14 palmi d’altezza (esclusa croce
e palla), lunga 8 palmi, larga 5 palmi con colonne d’ordine corinzio,
con un terzo decorato a grottesche. Al primo ordine due Santi, sette
figure, due angeloni sopra l’arco con corone e palme in mano.Al 2°
ordine un Cristo con una croce in mano ed un calice ai piedi. Sopra la
palla una croce ed un Cristo Risorto con cupoletta intagliata. Nel
piedistallo una porticina per il SS. Sacramento, sotto la quale è la
custodia dell’Olio Santo e quattro sportelli “.
Il
legno utilizzato è il tiglio, il pioppo ed il castagno
( Come esempio di
altari lignei vedi quelli della Chiesa dei PP. Cappuccini a Palermo ed in Sicilia). Nel 1624 vi è una finestra sopra
l’altare.
Il Quadro del Titolare

|
L’immagine di Sant’Antonio
fu fatta dipingere dal Parroco Dominici nel 1626, pare da Pietro
Novelli, detto il Monrealese, secondo il Giuliana Alaimo. Secondo
altri studiosi, dal catalogo “ Vulgo dicto lu Zoppo di Gangi “,
(op.cit.) del 1997, A. Cuccia scrive che: “ il dipinto è stato
oggetto di un minuto dibattito circa la paternità, rivendicata sia
a Giuseppe Salerno che a Gaspare Bazzano (che si firmavano
entrambi Zoppo di Gangi) che a Pietro Novelli. Il riferimento
a quest’ ultimo è dato dall’errata interpretazione di un
documento ( Giuliana Alaimo, 1948) dove sono registrati i pagamenti
al pittore monrealese per un dipinto raffigurante S. Antonio Abate,
ma sovrastato dalla figura del Cristo e quindi non identificabile
con quello in questione.
Il Mongitore (Memorie ms. sec. XVIII cc.147 e 213) annota la
presenza nella stessa chiesa di due quadri del Santo titolare: uno
di Giuseppe Salerno e l’altro di Pietro Novelli (1626). A. Cuccia lo riconduce a Pietro d’Asaro, detto “
il Monocolo di Racalmuto”
( 1579-1647): “ Pare che Questi si
sia ispirato al dipinto del Beato Guglielmo Buccheri della chiesa di
S. Anna in Palermo: questo confronto suggerisce una datazione verso
la fine del primo ventennio del secolo XVII per
l’affinità stilistica con la Sacra Famiglia di Racalmuto”.
Nel
1645 si ha notizia della fondazione di un Beneficio, fondato da Don
Giuseppe Gravina e Grimaldi di Castrogiovanni (Enna), con dote di
tarì 2 annuali, col peso di una Messa nel giorno del Santo per atto
in Notar Vincenzo Benaldi del 13 agosto.Lo stesso Don
Giuseppe Gravina fu istituito Beneficiale il 7 ottobre ed immesso in
possesso il 23 dello stesso mese.La cappella, lo “stipo” e la
cornice vengono restaurati nel 1787 e Gioacchino Martorana esegue
degli affreschi ( figure ed adorni ) negli squarciati e muro accanto
al quadro di S. Antonio Abate. Nel 1787 il marmoraro Mariano Sollima
pulisce il marmo della Cappella e lo ristora nelle mancanze. Nel
1815 la cappella viene stuccata; Francesco Leone intaglia due altari
e Salvatore Di Fede fodera 4 paliotti “a marmo granito”.
Nel
1888 il quadro di S. Antonio ha una cornice in stucco e la cappella
due lunette a crociera. Negli anni ’70 il Parroco La Mantia
rimuove il quadro della Madonna del Buon Consiglio (vedi Sacrestia )
ed il Sant’ Alfonso sotto la mensa e fa eseguire il “gradone”
centrale nell’altare; vi colloca (ma soltanto nel mese di gennaio)
un tabernacolo ligneo con porticina ovale.
|
L’altare
di San Giacomo.
Se
ne ha notizia da un beneficio semplice donato da Antonio Rinaldo nel 1507
il cui jus patronato è degli eredi del fondatore.
Ha di dote tarì 3,24 con l’obbligo di celebrare due Messe ogni
settimana. Il Beneficiale era il Canonico Antonio Del Monaco, istituito il
30 agosto 1507 e sostituito l’8 febbraio 1532 da De Federico Valdanza e
Giuseppe Mezzazetta, Canonico di S. Pietro nel Regio Palazzo.
L’altare
di S. Elia.
Si ha notizia di un beneficio semplice di S.Elia di jus patronato della
Mensa Arcivescovile, con dote di 12 tarì annuali (ms.f.341).Si suppone
fosse legato ad un altare, ove il Beneficiale Domenico Errante nel 1630,
al tempo del Parroco Bongiorno dovesse celebrare.
L’altare
di S .Rosalia
Nel 1626 Giovanni Giacomo Cerasolo riceve 4 onze “ per i lavori
prestati nella Chiesa parrocchiale di S. Antonio il Cassaro di questa
Città, nell’altare della medesima, per averci accomodato il quadro
della gloriosa Santa Rosalia”, dipinto dal Novelli, per 24 onze,
eseguito su balata di Genova (ardesia) nello stesso anno. Il quadro è
andato perduto.
L’altare
della Madonna della Grazia.
E’ uno dei quattro altari lavorati
da Giacomo Cerasolo in pietra macchiata nel 1622.
E’ il primo altare del lato sinistro. “La SS. Vergine, dipinta in un
muro alli Cartara, nel mese d’aprile del 1665, avendo operato molti
miracoli, fu trasferita in questa Chiesa. La Vergine era nella maniera che
si dipinge la Madonna della Grazia. Con l’occasione dei miracoli della
Vergine fu ornato quest’altare in cui fu collocata con vari marmi”. Di
essa scrisse nel Palermo divoto di Maria Vergine (t.1, lib.2,cap.71 p.6,
f.655) il Mongitore nel 1721. Davanti a quest’altare era sepolto (
c’è ancora? ) il Servo di Dio Don Onofrio Di Natale, sacerdote
palermitano, morto in fama di santità il 12 luglio 1677. Il Mongitore
riporta quest’epitaffio: “L’ardente zelo dell’anima e
l’amabile innocenza dei costumi presiedono a questa sepoltura in cui
riposano
le ceneri del tanto degno
sacerdote e teologo
Servo
di Dio
Onofrio Di Natale; da
queste ancor trasparirebbe fuoco d’amor di Dio e beneficenza verso de’
prossimi se pure le lagrime sparse abbondantemente da’ poveri nel
funerale di tanto suo amorevole
Padre
non
n’ havessero rattemprato l’ardore della carità. Nell’anno 33 di sua
esemplarissima vita entrò nell’eternità a 12 di luglio 1677 lasciando
a noi
la sua spoglia mortale, quale
qui separatamente abbiamo riposto”.
Nel 1624 vengono intagliati due pilastri
della Cappella della Madonna (evidentemente lignea) da Mastro Salvatore
Tarenna, intagliatore.Nel 1717 Pietro Marino intaglia l’altare e la
“macchina” dell’altare della Vergine SS.ma per once 24 e Michele e
Battista Piscitello indorano la cornice ed il piedistallo dell’altare
della Madonna. Doveva contenere il quadro di Antonino Grano (oggi
non più esistente, ma la Madonna della Grazia su ardesia è
collocata accanto alla porta di sinistra).Nel 1718 ha la sua balaustra e
predella.
L’Altare
del SS. Crocifisso.
E’ il primo del fianco destro, la cui immagine fu fatta
realizzare dal Parroco Don Pietro Galletti (1703-1723),
rimossa l’antica che v’era.
E’ uno dei quattro altari del 1622. Nel 1718 l’altare
ha una balaustra e predella. Nel luglio del 1739
viene fatta una ghirlanda attorno
all’arco della Cappella, con una testa di serafino
per chiave. Nel 1790 Matteo Cinquemani scolpisce un nuovo
Crocifisso con sua croce di palmi sei, per once 24,10. Nel
1815 vengono dorati con oro zecchino e mordente gli stucchi, che
presentano una croce una
corona ed adornata di marmi; i “geroglifici ” nel fondo della cappella
vengono dorati; Salvatore Di Fede fodera il paliotto “
a marmo granito”. Il Gaspare Palermo nel 1827 scrive che il muro della
cappella è ornato di mezzi bassorilievi antichi di marmo.
L’Altare dell’Addolorata.
Prese il posto di quello della Madonna della Grazia nel 1751. Vi era
esposto un quadro. Nel 1815 la cappella viene nuovamente adornata di
stucco e dorata con oro zecchino e mordente. Viene ricordata nella
descrizione della Chiesa di Gaspare Palermo del 1858 come altare della SS.
Vergine dei Dolori.
L’Altare di San Carlo.
E’ il secondo del lato destro. E’ uno dei quattro altari del 1622,
posto dopo il Fonte Battesimale.
L’immagine fu fatta fare dal Parroco Dominici (1614-1636), lodato dal
Baronio nel De maiestate panormitana ( lib.1, cap.13, f.144 ) : “ Ad
Baptismatis lavacrum D.Caroli Borromaei imago suscipitur qui lacrimarum
imbre perfusum nudis pedibus infertoque in collo laqueo, vere dolentis
animi, vel documenta, vel argumenta, Christum cruci affixum gerit,
divinique numinis misericordiam implorat ut Mediolanum suum ab diuturna
pestis obsidium liberet, servet”.
Il quadro
raffigura S. Carlo in processione durante la peste di Milano. “ Essendo
la peste nella Città di Milano il Santo Pastore volle fare una
processione divotissima per placare la divina giustizia e vestito con
rocchetto e cappa magna criolata con il cappuccio in capo et una fune al
collo, scalzo, sotto il baldacchino porta nelle mani un santo Crocifisso.
Il baldacchino era portato da’ cavalieri di quel paese e vestiti con
collari all’antica ( gorgiere spagnole, n. d. A.). Un clerico dietro
portava il cappello rosso come si vede in detta pittura” (dal
Manganante, op.cit.). E’ opera di Giuseppe Salerno
( lo Zoppo di Gangi ).
Nel 1624 vi è una finestra sopra l’altare. Il quadro di San Carlo venne
posto all’altare maggiore presumibilmente nel 1888.
La
Sacrestia.
Si ha notizia della sua costruzione
nel 1585. Poiché la “stantia delli sacristani”
è posta nella Torre campanaria (1580) è presumibile fosse nella
costruzione bassa che sorgeva davanti al campanile, dotata di grata,
visibile nelle fotografie del 1884 per l’apertura del 1° tronco di via
Roma, cui forse si accedeva dalla finta porta (murata) accanto
all’altare del Crocifisso, per l’uso antico di porre la sacrestia
vicino all’ingresso. Venne restaurata nel 1595. Altra possibilità è
data dalla Stanza del Tesoro, con volta a crociera. Nel 1739 si ha notizia
della nuova sacrestia per la finestra posta su di essa nel Coro e la porta
ricavata nel Coro stesso; nel 1749 si effettuano lavori nella volta con
lunettoni in gesso; nel 1757 Vito D’Anna dipinse per essa il quadro ad
olio dell’Addolorata e Gaetano Mercurio la Madonna della Grazia da
affiggere nella sacrestia vecchia “per la congregazione dei ragazzi”. Nei
Capitolati d’appalto per i vari restauri (1757) è chiamata “sacrestia
nuova o retrosacrestia e custodia di li palii”( paliotti ). Nel 1787
viene sostituito lo “stipo” posto dietro la cappella di S. Antonio (
distrutto nell’anno 2000, sotto il quale sono state rinvenute delle
piastrelle maiolicate del 1700 )
. Vi erano conservati due cassettoni o
“casciarizzi” per i paramenti sacri.
L'Organo
La prima notizia dell’organo di questa Chiesa si ha dalle carte
custodite nell’Archivio parrocchiale: nel 1580
sono date onze 1,18 al Maestro Raffaele La Valle, organaro (autore
degli organi di San Martino delle Scale e di S. Maria degli Angeli
o la Gancia ), per avere acconciato e accordato l’organo della
Cappella del SS. Sacramento. Valerio Rosso (1590) lo definisce: ”tanto
sonoro quanto ne sia in tutta la Città”.
Nel 1603 viene accordato da Antonio La Valle, figlio del grande Raffaele.Nel
1860 D. Salvatore Bruilotta ,organaro, rifà l’organo. Si
ha menzione del pulpito
( ligneo? ) nel 1596, quando Don Bartolo Failla
tolse il Crocifisso dalla Porta del Pulpito e lo pose nell’altare dove
era la Cona del SS. Sacramento ( forse è lo stesso Crocifisso che negli
anni ’60 era nel Salone parrocchiale e che il Parroco La Mantia volle
sull’Altare maggiore, sostituendone uno piccolo, settecentesco, in
ebano). Fino agli anni ’60 in chiesa, accanto alla colonna posteriore
sinistra era collocato un grande ambone ligneo, di semplice disegno, su
quattro colonne e scala d’accesso a due rampe. Il Parroco Mons. Rosario
Mario Renna ha collocato un nuovo ambone, secondo la Riforma liturgica del
Concilio Vaticano II, nell'anno 2002 ed un nuovo altare nell'anno
2007, inserendo sugli specchi i
due altorilievi lignei dei sacerdoti dell'Antico Testamento.
La Confraternita di Santa Rosalia, detta
" dei Sacchi "
La
Confraternita di Santa Rosalia, detta " dei Sacchi ", sembra, secondo
le fonti, fosse già esistente il
31/10/1626.
Essa era formata da barbieri e scarpari e, stando ai dati documentari, fu
"approvata con autorità e licenza dell'Em.mo Cardinale Doria" il 26
Agosto 1635, presso la Parrocchia di
S. Antonio Abate.
Nel 1659, i Ruoli furono allargati agli arbitranti (sensali ), e magazzinieri. Il
30/09/1816 la Confraternita di S. Rosalia dei Sacchi si volle aggregare a quella di
S.
Rosalia dal titolo dell'abitino. Nel 1912 tale aggregazione venne abbandonata ed
il 23/12/1945 fu nuovamente ricostituita sotto il titolo di S. Rosalia dei
Sacchi e del Pellegrino e iniziando il culto l'11/08/1946. Essa è stata
riconosciuta il 24/05/1982. L'abito in origine era costituito da un sacco di
tela cruda con mantello di lanetta e recava una croce bianca e nel mezzo
un' immagine della Santa.
LA CHIESA OGGI
Nel
1551 Antonello Gagini realizza la Cona marmorea posta dietro l'altare
maggiore; Giuseppe Gagini l'altare in muratura e Antonio Cracchiola lo
sportello del Ciborio in argento.
Fino
al 1584 la Chiesa ha la pianta a croce greca, poiché ancora non esiste
il presbiterio.
Il Presbiterio
 |
Fu costruito dal 1585 al 1596, collocando l'altare davanti al
presbiterio su due gradini, con una balaustra in pietra bianca, ai lati
della quale sono le statue dei santi Pietro e Paolo; alle spalle c'è il
Coro con sedili bassi, due porticine d'accesso, quattro finestre e
l'abside con due volte a crociera.
Nel 1588 viene smembrata la Cona gaginesca, portando nella strada
d'accesso alla Parrocchia il Padre Eterno e i due tondi dell'Annunziata
e dell'Arcangelo Gabriele ( riportati all'interno nel 1888; tre
secoli dopo ).
Nel 1718 l’Architetto del Senato Andrea Palma
disegna la nuova balaustra, eseguita dallo scultore Gioacchino
Vitagliano. Vengono adoperati marmi siciliani come il Rosso Libeccio
(colonnine monolitiche), paragone, bardiglio, Giallo di Castronovo ,
verde. Il contratto prevede il rifacimento degli scalini dell’altare
maggiore (e degli altari laterali con le predelle), con un palmo e mezzo
di pedata e la lucidatura. |
 |
Il
20 dicembre 1718 in modo da essere visibile per il S. Natale è
collocata la base della balaustra in pietra rossa di Contorrana
(contrada di Custonaci ) ed il sabato precedente la Domenica di Passione
( 25 marzo 1719), per essere visibile nella Settimana Santa,
la balaustra
di 49 palmi. E’ un mirabile esempio di mischio
siciliano: la tecnica
della lavorazione impiega marmi diversi ad intarsio su una lastra di
base di marmo bianco; la perizia del Vitagliano offre elementi scultorei
su tutta la superficie:
ovuli, rombi, dentelli, decorazioni, fregi. Nella parte anteriore sono scolpiti due stemmi episcopali
di Mons.
Galletti: “Albero di quercia sormontato da un’aquila spiegata di
nero, con corona d’oro” . Il motivo dei balaustri ripete
per due volte cinque e tre elementi ( i due laterali sono stati spezzati
nel restauro del 1888 ); nel 1735 viene restaurata dallo stesso
Vitagliano.
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Il
Coro
Nel 1739
lo scultore Pietro Marino realizza il nuovo Coro,
disegnato dall’architetto Giuseppe Fama.
Fu pronto la settimana precedente la Settimana Santa. La
descrizione è tratta dal Capitolato d’appalto:
“ E’ costituito da 18 sedili, di cui uno per Monsignor
Parroco, due ai lati per i maestri di cerimonie e 16 per i
presbiteri.
Da entrambi i lati cassepanche con spalliera per i
chierici; due porte: una per la sagrestia e l’altra di fronte
finta.
I legni adoperati sono il noce, di bel colore, stagionato
e secco; tavole di castagno nelle predelle dei sedili dei
presbiteri, tavole veneziane.
Il sedile principale o “macchinetta” con tre gradini,
pilastri, colonne, capitelli, architrave, fregio, cornice ed il
posto per la statua di
S. Antonio Abate a figura intera, con due
puttini sopra i frontespizi con le scritte; due angeloni sopra i
sedili dei maestri di cerimonie.
Il sedile con braccioli e
“ taccone” di noce per appoggiare il sedere stando in piedi;
agli angoli forma circolare con nicchie per le statue. Sopra i
sedili le statue con tabellonetto sotto. Le spalliere si aprono
agli angoli dei pilastri del cappellone per esservi da una parte
l’archivio e dall’altra conservarvi i sagri ogli. Anche
sopra questi armadi si dovranno porre le statue con i
tabellonetti sotto”.
I
sedili o cassapanche davanti ai sedili dei presbiteri da una
parte e dall’altra dovranno essere a gola rovesciata e si
possano aprire e chiudere con serrature;
i braccioli dei sedili di sopra abbiano forma
circolare per posarvi i breviari. Tutte le mensole sotto i
sedili siano intagliate, così come i festoni”. |
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Le iscrizioni
sotto le statue riportano:
sullo
stallo del Celebrante: “ S. Bernardus”;
lato
destro: “ Olea sacra ”; 1) ? 2)
? 3) ? 4) S. Pachomius
5) ?
6) S. Romualdus 7) ? 8) ?
9) ? 10) S. Columbanus 11) Statuetta femminile
12) ?
Scritta: “Chorvs”.
Lato sinistro: 1) ? 2) S.
Panokius ; angolo: statuetta femminile con bambino e la scritta
“Charitas” 3) S. Macarius
4) S. Iuberlirius? 5)? 6) ? 7) ?
8) ? 9) ? 10) S. Idulphus ? 11) S. Goglielmus
12) ? 13) Olea sacra su
targhetta. |
Il 12 dicembre 1739 Antonio Marino pose attorno al Coro lastre
di ardesia stagnate. Nello stesso anno viene rifatto da Mastro
Bartolo Tuttisanti l’arco maggiore di grosse pietre quadrate,
con due vele, poiché l’arco vecchio era pericolante. Il
Cappellone viene rivestito con canne, calce e gesso.
Nei
quattro angoli vengono posti otto pilastri con capitelli uguali
a quelli della navata. Sopra i capitelli architravi circolari,
posti anche sopra i lunettoni; sopra gli architravi quattro
pilastri con capitelli d’ordine composito, conchiglie
e legacci. Sopra la base dei pilastri i 4 Evangelisti a
rilievo con il cartoccio sotto e l’iscrizione; sopra i
pilastri uno stipite rotondo nel mezzo con il mondo, angeli ed
una raggiera grande con un ostensorio o calice nel mezzo. Ai
lati due quadroni con qualche puttino
sopra, festoni e cartoccio. In mezzo alle finestre mondi con
puttini, angeli, raggi e colombe. Alla base dell’arco una
ghirlanda e festoni sopra l’arco. Nella chiave dell’arco è
una tabella con due puttini (vedi esemplari di “cartocci ” o
cartigli simili in San Giovanni dei Napoletani, Gesù, S. Maria
la Nuova, S. Agostino, San Giorgio la Kemonia, S. Ninfa, S. Orsola,
Oratori del SS. Rosario, S.
Lorenzo, S. Cita, S. Caterina d’Alessandria, Carminello, delle
Dame, SS. Pietro e Paolo ).
Le figure sono rinforzate con fil di ferro. Le opere di
stucco sono di Francesco Alaimo. Due festoni sono uno dentro ed
uno sopra l’arco maggiore. La testa in stucco (serafino) sopra
la ghirlanda dell’arco maggiore è stata realizzata
successivamente. (vedi simili decorazioni nella Chiesa
Cattedrale di Palermo).
Nel 1757, per la riforma del
cappellone ad opera dei Maestri Nunzio e Paolo Montalto sono
rimossi tutti i sedili nel
fondo del Coro, tolti i sedili bassi e creato l’ingresso agli stalli laterali nella parte
centrale in linea retta con il sedile del Parroco (un punto
superiore a quello del Celebrante, posto di fronte, senza
colonne da porre nell’arco). Agli angoli del coro sono
previsti genuflessori. L’altare e custodia vengono spiantati e
posti nel fondo del cappellone.
Il Maestro Francesco Corano rifà l’altare maggiore e la
scalinata con cinque gradini sopra i due antichi e predella in
pietra rossa di Castellammare. Dietro l’altare viene fatto un
corridoietto con gradini per la custodia (apribile
posteriormente) e l’alzata dell’altare per porvi i
candelieri. Gaspare Serenario s’impegna a fare tre quadroni:
uno per l’altare maggiore e due per il cappellone.
Nel 1789 Pietro Marabitti
intaglia 6 candelieri e 4 vasi di legname ( portapalme, n. d. A.
).
Antonino Pellegrino dora i suddetti, colora a pietra l’altare
maggiore, inargenta 6 candelieri di 4 palmi ciascuno e 4 vasi;
colora in avorio la fodera dell’altare, indora una cornice di
paliotto ed inargenta il globo di nubi per l’esposizione del
SS. mo. Nello stesso anno l’architetto Carlo Chenchi disegna
il nuovo altare alla Romana e relativo paliotto.
Nel 1805
viene ricostruita l’abside dall’architetto Nicolò Puglia e
rimodernata nelle opere di stucco dai Maestri Antonino
Gianserrata , Salvadore Guarneri e Giuseppe Calattiata. I mastri
indoratori Francesco Bevilacqua e Gaetano Di Bella dorano con
oro zecchino ed in parte con mistura d’argento gli intagli di
stucco e la Gloria ( Agnus Dei ).
D. Vito Cuppolino, pittore, dipinge la cupoletta
sopra l’altare maggiore e fa quattro figure rappresentanti le
Virtù ed allunga la tela del quadrone dell’altare maggiore e
riduce le due tele laterali.
Nel 1815 altro restauro dell’architetto Nicolò Puglia:
Salvadore Guarneri, stuccatore , stucca nuovamente le cappelle
della chiesa, ridorate ed adornate di marmi.
In seguito al terremoto del 5 marzo 1823
la chiesa è seriamente danneggiata e si rese inagibile;
nel 1830 il Decurionato ( Magistrato municipale ) stanzia 500 onze per il restauro.
I
Parroci Salvatore Gandolfo (eletto nel 1820 ) e Francesco Paolo
Vasquez (eletto nel 1837 ) la fecero risorgere con migliore
splendore, arricchendola di non poche suppellettili ed adorni (
Cfr.
Gaspare Palermo, op.cit.).
In precedenza lo era stata dai Parroci Vincenzo Dominici
(nel 1614 quadri di S. Antonio e S. Carlo) e molto di più da
Don Pietro Galletti (1703, Cfr. Mongitore, op.cit.) .
L’appalto del restauro è affidato all’architetto Nicolò
Ranieri, che cercò di riprodurre l’originario stile
medioevale.
Nel 1860 venne
danneggiata dalle bombe in seguito agli attacchi borbonici ed il
Parroco Andrea Maggio spese once 230,7.1 per i restauri:
muratori, falegnami, stuccatori
( D. Ferdinando Lo Verso)
riparano la Chiesa.
Altro restauro nel 1888 dell’architetto
Salvatore Li Volsi. Vengono rimossi i due stalli di noce,
demolita la “carta di gloria” (cartoccio) nell’arco
maggiore, creati 4 piedistalli per le colonne in pietra
dell’Aspra (di cm.0,28 di diametro x 2,45 di altezza); otto
colonne per adornare il cappellone con i capitelli imitanti il
disegno di alcuni capitelli del Chiostro di Monreale.
Viene smentita la tesi del Giuliana Alaimo secondo il quale
erano state costruite da Gian Paolo Falcone nel 1570.
Viene costruito il contrarco gotico di mattoni, costruita
una cornice attorno alle cappelle e piloni, 4 lunette a crociera
nelle due cappelle accanto al cappellone, soglio negli angoli
delle cappelle per le 4 colonne; rivestimento delle colonne e di
quelle del cappellone a stucco lucido imitante il granito ed i
capitelli imitanti il marmo bianco; ricollocazione di due
medaglioni con l’Angelo, la SS. Annunziata ed il SS. Salvatore
(Padre Eterno), ricollocazione della custodia del SS. mo,
cornice attorno al quadro di S. Antonio a stucco, ricollocazione
di marmi, demolizione degli altari laterali e costruzione di due
cappelle al centro delle due navate laterali in stile gotico.
Tutt’ attorno alle pareti, come nel Duomo di Monreale e
nella Cappella Palatina, viene realizzata una fascia marmorea,
inframezzata da fregi ornamentali a finto mosaico e con il
motivo del fiordaliso nella parte superiore.
Gravemente danneggiata dai bombardamenti della 2^ Guerra
Mondiale la Parrocchia viene restaurata nel 1951,
anno in cui si celebra con solennità il 17° Centenario della
nascita di
S. Antonio Abate ( 251 d.C.).
Un altro
restauro si ebbe nel 1960 con
la rimozione delle ninfe ( lampadari ) del presbiterio, degli
altari laterali e due dalla navata ed il rifacimento
dell’impianto elettrico. Fino
a quell’anno i fili della illuminazione erano tutti esterni e
con interruttori manuali a leva. Nel 1972
la sig.na Adele Bucca fa restaurare l’organo a canne, così
come ricordato da una targa apposta sullo stesso strumento
musicale.
E’ stata chiusa al culto nel 1990
per il degrado del paramento murario e le frequenti
infiltrazioni d’acqua dal soffitto, che hanno rovinato
l’arco gotico e le due cappelle collaterali. Sono stati tolti
tutti quadri che la adornavano, il Crocifisso del Cinquemani,
l’Ecce Homo.
Il 27
ottobre 1993 sono stati
oggetto di furto parecchi mezzi busti lignei di Santi abati
( episodio segnalato al Nucleo Tutela Patrimonio Artistico
dei Carabinieri ) che ancora non sono stati rinvenuti.
Nel 1997 è stato eretto un
ponteggio in tubi Dalmine tutto attorno alla costruzione e
ricoperto il tetto con lamiera; il restauro ha interessato in un
primo tempo la torre campanaria per consolidarla, scrostarla,
eliminando le superfetazioni (cucina del Cappellano al centro
della torre), ma distruggendo l’orologio da torre,
perfettamente funzionante ( il Municipio pagava fino agli anni
’70 il sacrestano per darvi la carica, che avveniva
manualmente agendo su una manovella che alzava tre grossi
contrappesi in pietra e sugli scappamenti ) .Chissà se il
Senato ( Municipio ) di Palermo vorrà restituire alla sua
Chiesa Parrocchiale l’orologio che ha segnato il tempo della
Città per 500 anni ! Rimane muto testimone il quadrante a forma
di sole con le sfere ( lancette ).
Nel 1998 sulla facciata è
una targa che segnala il restauro per un importo di lire
183.078.162 da parte della Provincia Regionale di Palermo (
Assessorato Recupero Conservazione Fruizione Beni Culturali ) su
progetto della Soprintendenza ai BB. CC. AA. eseguito
dall’Impresa “Costruzioni s.r.l.” Nel mese di novembre
viene costruito un ponteggio all’interno del presbiterio per
salvare dal crollo l’arco gotico, ormai pericolante, poichè
impregnato dalle acque meteoriche.
Nell’anno
2001, il 22 luglio, la
Chiesa Parrocchiale è stata riaperta al culto dal Cardinale
Arcivescovo Salvatore De Giorgi, che ha presentato al popolo
cristiano il nuovo Parroco Don Rosario Mario Renna, Economo
Diocesano, che ha quindi celebrato l’Eucaristia. Lo stesso,
dall’Arcivescovo, è stato immesso nel Possesso Canonico della
Parrocchia il 1 Novembre 2001, Solennità di tutti i Santi, alla
presenza del Commissario Straordinario al Comune di Palermo, Dr.
Guglielmo Serio, che ha donato un calice a nome
dell’Amministrazione Comunale.
Viene quindi ripresa la normale
attività parrocchiale, con la celebrazione della Messa nei
giorni feriali e festivi e la celebrazione della Notte di
Natale.
Nel mese di luglio il Parroco fa realizzare n. 18 panche per la
Chiesa; nel mese di novembre colloca all’altare del SS. mo due
lampade argentee settecentesche e davanti alla balaustra il
nuovo ambone ligneo.
Nell'anno 2007
il Parroco
fa realizzare il nuovo Altare Maggiore " versus populum "
pienamente inserito nel Coro ligneo del 1739 e vi colloca i due
bassorilievi lignei dell'altare romano raffiguranti due
sacerdoti dell'Antico Testamento che offrono il Sacrificio e
l'incenso.
Il 1 Gennaio 2009 ignoti
vandali rompono il vetro dell'edicola dell' Ecce Homo sulla Via
Roma. La sensibilità del Popolo Palermitano interviene per
sottoporre la venerata Immagine
a restauro. |
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